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il ciclo di affreschi

Il Ciclo di affreschi della Loggia di San Sebastiano

 

La Loggia di san Sebastiano conserva al suo interno un ciclo di affreschi risalenti al XIV-XV secolo a tema religioso. Bisogna ricordare che l’uso delle rappresentazioni  pittoriche rispondeva alla necessità di istruire una popolazione a larga maggioranza analfabeta riguardo ai dogmi religiosi, motivazione che andrà sempre più mostrandosi all’interno della chiesa cattolica soprattutto a partire dalla Riforma Protestante e dal successivo Concilio di Trento.

A partire dall’entrata incontriamo Beatus Vicetius (forse San Vincenzo), un frammentario Santo non identificabile e una Madonna con Bambino (tagliati dall'apertura di una porta laterale), seguita da una Santa Lucia, con in mano un piattino recante i suoi occhi, e da un Cristo Risorgente o di Passione, circondato appunto dagli strumenti della Passione. Oltre la porta, apertura praticata al momento della trasformazione in loggia coperta per il mercato, sono presenti un San Giacomo Minore, una Santa Maddalena vestita unicamente dei propri capelli, secondo la tradizione che la vuole penitente, un’altra figura non riconoscibile ma dotata di bastone e libro, un particolare San Giorgio che uccide il Drago. La navata termina con un San Martino, impegnato a dividere il mantello con il povero che si rivelerà essere Gesù Cristo, mentre sui sostegni interni sono riconoscibili un Sant’Ambrogio e un Sant’Antonio Abate; è presente, sebbene risulti estremamente frammentaria, una Decapitazione di San Giovanni. Inoltre, su uno dei sostegni inglobati dalla parete che divide la Loggia dall’Oratorio, è conservato un San Pietro Martire.

Interessante la varietà di Santi e Sante rappresentati, scelti probabilmente per la devozione ad essi mostrata dalla popolazione.

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San Giacomo Minore e Santa Maddalena

 

Interessante notare la presenza di questo santo, primo vescovo di Gerusalemme e martire, il quale si accompagna con un bastone assai particolare, soprattutto per quanto riguarda la sua parte sommitale. Essa è stata infatti riconosciuta come la “punta” del bastone dei fullatores, ossia degli artigiani che si dedicavano alla battitura della lana per procedere alla successiva cardatura. La presenza di tale elemento può far propendere per l’attribuzione della committenza ad una corporazione di tessitori/lavoratori della lana.

Santa Maddalena è invece rappresentata vestita solo dei suoi lunghi capelli, mentre tra le mani appare, quasi fluttuante, un’ostia recante il monogramma di Cristo. Anche in questo caso si tratta di una rappresentazione molto vicina a quella popolare, che la vuole penitente in una grotta del sud dell’attuale Francia, dedita alle privazioni e alle contrizioni fisiche per partecipare alla Passione di Gesù. Particolare la resa delle mani, che appaiono quasi sproporzionate rispetto alla figura.

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Santi di Liguria..

San Giorgio che uccide il Drago e San Martino

 

 

All’interno della Loggia sono presenti anche due santi molto importanti per l’epoca, in quanto rappresentano gli ideali a cui la cavalleria deve fare riferimento: San Giorgio, icona di coraggio e ardimento, soprattutto contro il male (come San Michele) e San Martino, simbolo di carità e misericordia verso i più deboli.

La presenza di San Giorgio è certamente riferibile anche alla vicinanza e ai contatti con la Repubblica di Genova, di cui è patrono, ed è interessante notare come l’immagine lo ritragga nell’atto tipico di trafiggere il Drago (qui più simile ad un serpente alato), rappresentazione del Maligno, pur con qualche concessione alla versione popolare della vicenda: il drago è infatti legato con una cintura alla gola, strettamente tenuta dalla giovane principessa cui Giorgio sta salvando la vita. Il santo indossa una splendida armatura completa, che nell’affresco appare bianca, come coloro che partecipano ai tornei, così come il suo destriero appare adeguatamente bardato; inoltre sullo scudo è ben evidente la Croce di San Giorgio rossa in campo bianco. E’ presente anche una certa attenzione all’ambiente ove la vicenda si svolge: è infatti rappresentato un paesaggio brullo e privo di vegetazione, certamente consumato e corrotto dalla bestia demoniaca.

San Martino, seppur lacunoso e danneggiato dallo scorrere del tempo, è raffigurato nell’atto ben conosciuto di tagliare il proprio mantello per coprire il povero seminudo incontrato durante una ronda invernale. Anche in questo caso si può intravedere un legame geografico: Martino, fattosi cristiano dopo questo incontro, visse infatti da eremita per quattro anni sull’isola Gallinara di fronte ad Albenga. In questo affresco il santo è abbigliato con abiti di foggia militare ma non veste armatura, come da tradizione, non essendo impegnato in attività guerresca, così come il cavallo è apparecchiato con una bardatura non dissimile da quella presente in San Giorgio che uccide il Drago, seppur più semplice.

 

 

 

…e Santi di Lombardia

Sant’Ambrogio e San Pietro Martire

 

Ovada era terra di confine e non stupisce che a fianco a un Santo “genovese” si vadano affiancando anche figure provenienti dalla Lombardia, o meglio dal milanese, nel XV secolo vicino anche geograficamente: Sant’Ambrogio e San Pietro Martire.

Sant’Ambrogio è un santo veneratissimo, che si potrebbe facilmente definire fondatore morale di Milano, riconosciuto e venerato da ogni Chiesa cristiana che accetti il culto dei santi per la sua capacità di mediare tra il ruolo religioso e quello politico, così come di sanare le divisioni tra diverse correnti religiose (Ariani e Romani). Qui è raffigurato in abito e con accessori che rimandano alla carica di vescovo, di fattura preziosa, con guanti bianchi decorati a coprire le mani e mitra vescovile in testa.

Altra figura particolare e che viveva un momento di grande popolarità è San Pietro Martire, domenicano veronese nominato Inquisitore Generale della Lombardia nel 1242, martirizzato dagli eretici patarini sulla strada per Como. Egli è infatti raffigurato con la Palma, che ne simboleggia il martirio, e con la roncola conficcata in testa, arma con la quale venne ucciso. L’Ordine dei Domenicani godeva di grande prestigio e non stupisce che un suo membro, in un momento di particolare fama, sia stato raffigurato in Ovada. Notevole la presenza ai suoi piedi di una piccola figura raccolta in preghiera, rappresentante il committente dell’opera, ovvero la persona che sovvenzionò la realizzazione dell’affresco. Di interesse il suo “campo d’azione”: grazie al suo martirio è dedicato ad alleviare i dolori di testa e le emicranie.

 
 

La Loggia è Ovada… e Ovada è la Loggia

Breve storia di un edificio che sopravvive

 

Eretta nella forma romanica più semplice, a capanna e ad una sola navata, probabilmente nel XII secolo, la Chiesa di Santa Maria di Ovada, oggi Loggia di San Sebastiano, è stata per secoli il fulcro della fede nella Città di Ovada. Viene nominata, per la prima volta, in un atto di compravendita del 16 aprile 1277 stipulato tra il Comune di Genova con i fratelli Tomaso, Corrado e Opicino Spinola, e da quel momento essa ha accompagnato la città nello scorrere degli anni, specchio della stessa, subendo, al mutare degli stili architettonici, un ampliamento nel secolo XIV con l’aggiunta delle navate laterali e l’erezione del campanile presso il muro di fondo sul lato dell’abside. In seguito questo ampliamento consentì di dotare la chiesa di altari laterali, portandone il numero totale a otto. Nel 1791, ridotta in condizioni precarie e quando ormai era attesa la consacrazione della nuova parrocchiale, venne venduta a diversi soggetti:

  • il campanile restò al Comune, che lo utilizzò come prigione, similmente a molte torri campanarie, la cui struttura ben si presta a questo utilizzo;

  • la navata centrale e quella sinistra vennero trasformate nell’Oratorio di San Sebastiano quale sede dell’omonima Confraternita, detta dei Bianchi, oggi estinta, ma di cui ha mantenuto il nome con cui ad oggi ci si riferisce all’edificio in questione;

  • la Confraternita di San Giovanni, detta dei Rossi, acquistò invece la navata destra per poter avere un accesso indipendente al proprio oratorio, al quale dapprima si accedeva dall’interno della chiesa stessa.

L’edificio mantiene all’interno tracce della decorazione ad affresco nella parete della navata minore sinistra, nei pilastri di fondo di quella maggiore e nella cella campanaria. Le parti più antiche sono i frammenti conservati alla base del campanile, i cui muri facevano parte di una cappella preesistente. Il secondo intervento decorativo, avvenuto dopo l'ampliamento della chiesa, interessa la navata minore sinistra e viene fatto risalire alla prima metà del XV secolo.

La Loggia di San Sebastiano testimonia la storia di Ovada sin da quando a iniziato a emergere come centro abitato di maggiori dimensioni, adattandosi e modificandosi fino ai giorni nostri, attraversando il tempo come chiesa, inizialmente, divenendo mezzo per favorire gli scambi con l’apposizione delle misure di Ovada sulle sue pareti esterne, indi come Oratorio delle due confraternite e carcere comunale, poi come loggia del mercato al coperto, agli inizi dell’Ottocento, in seguito trasformatasi in mobilificio ed in ultimo in contenitore multimediale destinato agli eventi culturali del Comune di Ovada.

Una metamorfosi costante che l’ha preservata e resa utile costantemente nella sua storia.

 

 

Misure dal passato per un mercato vitale

Poiché la Loggia sorgeva ai confini del centro abitato di Ovada ed era probabilmente circondata da uno spazio libero piuttosto ampio, fatto questo confermato dalla presenza sul lato destro dell’edificio, ove oggi ha sede l’Oratorio di San Giovanni, di un cimitero, era giocoforza che la zona fosse ritenuta idonea ad ospitare anche il mercato.

In epoca medioevale e moderna, il mercato ha sempre costituito un motivo di vanto delle città o dei paesi organizzatori, oltre che una fonte di lucro e di scambi, non solo di merci ma anche di notizie, informazioni ed idee. Tuttavia ogni mercato poneva anche problemi di ordine pubblico, per cui si preferiva dedicare ad esso aree libere al di fuori delle mura cittadine, spesso coincidenti con aree cimiteriali. Anche l’antica Ovada si attestò su queste posizioni, con l’aggiunta di dinamiche e difficoltà tipiche di una zona di confine: infatti, all’epoca, essa dipendeva da Genova, mentre alcuni paesi circonvicini erano ormai in orbita milanese o alessandrina, contribuendo così a rendere più difficoltosa la circolazione delle merci, non solo a causa delle gabelle ma anche per l’adozione di misure diverse, non esistendo ancora un sistema di misurazione, ponderale o dimensionale, unica ed univoca.

A tal fine negli Statuti di Ovada, risalenti al 1327, e in particolare al Capitolo 30 viene stabilito che i Sindaci del Comune di Ovada devono far fare una pietra incavata per misurare il vino e metterla nella piazza del Comune, situato in quella che oggi è Piazza Mazzini, allora Platea Communis, ove si svolgeva il mercato “piccolo”: "unum lapidem cavatum pro vino censurando et ipsum lapidem poni faciant in platea Comni Uvade''. I modelli sui muri perimetrali della Chiesa di Santa Maria hanno lo stesso scopo, affinché tutti coloro che, oltre agli ufficiali preposti detti Mestrali, avessero necessitato di controllare e verificare potessero aver modo di accedervi facilmente; quella scolpita nel campanile della Vecchia Parrocchia fornisce una misura di m. 2,85 detta “canna di Ovada”, mentre quelle sull’angolo sinistro della facciata riportano misure di m. 1,05 e 0,85 , ossia il “braccio”. Sul muro laterale della stessa Chiesa è murato un massello di pietra incavato, usato quale misura di capacità, il “moggio”, necessario per il grano e per altre derrate tra cui forse anche i liquidi e principalmente il prodotto per eccellenza del territorio: il vino.

La sua funzione centrale per i commerci venne poi di fatto confermata proprio dalla trasformazione in loggia coperta, in sostituzione della più antica situata in Piazza Mazzini, con l'avvento di Napoleone e la soppressione della Confraternita di San Sebastiano.

 

 

 

A peste, fame et bello...

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Come tutta l'Italia, anche Ovada soffre i rischi a cui, durante il medioevo, si è esposti: le temibili epidemie estremamente contagiose, in particolare la tanto temuta e mortifera peste, che flagellerà l'Europa tutta per secoli, causando sconvolgimenti profondi nella società dell'epoca.

La peste è una malattia infettiva di origine batterica, tuttora esistente, ed arrivò in Europa dall'oriente, nel 1347, portata dalle navi genovesi che avevano fatto scalo a Caffa, allora soggetta ad assedio da parte del Khan tartaro Gani Bek, il quale aveva fatto lanciare sulla città assediata i cadaveri degli infetti deceduti. In quel momento il Vecchio Mondo subiva gli effetti della cosiddetta “piccola era glaciale”, in particolar modo la sopravvivenza era già minacciata dallo spettro della fame dovuta alle frequenti carestie. La peste, in forma polmonare e altamente infettiva, trovò quindi un terreno fertile per propagarsi, rasentando picchi di mortalità prossimi al 100%, e si propagò rapidamente a tutto il continente, favorita nell'infezione proprio da coloro che tentavano di fuggirla.

Atteggiamento comune era infatti l'abbandonare le città in favore delle aree più isolate, come le campagne, dove si ipotizzava che il morbo non sarebbe giunto, alla stessa maniera dei protagonisti del Decameron di Boccaccio, contribuendo così alla diffusione della malattia.

Come dicevamo anche Ovada ne venne flagellata e i sopravvissuti vollero preservarne la memoria realizzando un'epigrafe a memoria dell'accaduto, la quale testualmente recita: 

 

+ MCCC  XLVIII  FVIT MOTVLITAS

IN  VVADA QVOD DE  QVINQUE NO REMA

SIT  NIXI  VNVS

 

ossia, letteralmente:

1348 fu mortalità

in Ovada che di cinque non rimase

se non uno,

 

cioè una mortalità pari all’80% della cittadinanza. Da simile avvenimento scaturiranno mutamenti profondi nella società medioevale, in primis l'amento dei salari dei contadini che, drasticamente ridotti in numero, acquisiranno un notevole peso contrattuale.

 

 

Legno, sudore e mobilia

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Al termine della sua funzione come Loggia coperta per il mercato, sul finire dell’Ottocento, fu destinata dapprima a scuola di musica e a mercato coperto di frutta e verdure; in seguito ospitò esposizioni di mobili, sfruttando le aperture per ottenere delle enormi finestre destinate all’illuminazione naturale dell’ambiente.

Ovada ha conosciuto un vero e proprio boom dell’artigianato del mobile e del legno, nato nel XVIII secolo. Le radici di questa tradizione artigianale si trovano nell’attività di antichi bottai e carradori che ampliarono gradualmente il campo del loro lavoro nella produzione del mobile. Negli ultimi decenni del secolo, la costruzione delle due ferrovie di Genova - Asti e Ovada - Alessandria, nonché la Tramvia di collegamento con Novi Ligure diedero un incremento notevolissimo al commercio, agli scambi ed alla prosperità della Città. Sorsero diversi stabilimenti per la filatura della seta e il mercato dell’artigianato, allora fiorente, diede lavoro e benessere a tutta la popolazione.
Il primo conflitto mondiale colpì duramente la città, con un altissimo tributo di vite di cittadini ovadesi, ma negli anni seguenti la vita sociale e commerciale della cittadina riprenderà a fiorire, con il moltiplicarsi delle piccole e medie attività industriali.

Nel primo dopoguerra erano operanti una quindicina di laboratori artigianali e i primi mobilifici.

Tra questi famoso il Commendatore G. B. Scorza che, con una sapiente propaganda, stipulò un contratto con le Ferrovie dello Stato, che prevedeva nell’arredo delle sale d’aspetto l’inserimento di un cartellone pubblicitario della ditta.

Il mobile artigianale ovadese, costruito con validi criteri di lavorazione, si affermò sempre più nel mercato nazionale, tanto che ad Ovada si istituirono delle esposizioni, realizzando per l’appunto il Palazzo delle Esposizioni in Via Novi. pur tuttavia nulla dura per sempre e la crisi colpì il settore negli anni Ottanta del Novecento, riducendo di molto questa attività un tempo così fiorente.

 

Antichi mestieri d’una volta

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Gli affreschi della Loggia di San Sebastiano raccontano anche dei mestieri che una volta si svolgevano regolarmente in ogni borgo, testimoniando attività oggi dimenticate o abbandonate; abbiamo già visto come San Giacomo Minore porti un bastone che potrebbe indirizzarci verso la presenza di una corporazione dei tessitori o cardatori della lana, ma non dobbiamo dimenticarci della forte vicinanza a Genova e della spinta produttiva da essa esercitata: ad essa si può far derivare la produzione e la lavorazione della seta, tanto diffusa nell’Ovadese, essa ebbe origine nel ‘500 a Fontanabuona e nel Tigullio, da cui si diffuse velocemente per la forte richiesta del mercato Nel ‘600 erano rinomati e pregiati i velluti e i damaschi genovesi, mentre nel ‘700 arrivarono a Genova i tessuti di origine indiana e nacque così la produzione dei Mezzari, grandi veli dai vari utilizzi con stampe di origine persiana. Anche Ovada divenne un fiorente centro di produzione e filatura e la sua produzione serica garantì la fortuna del “filato Novi” che ebbe tanto successo.

Dove si produce seta si impara ad accudire il gelso, le cui foglie sono alimento prediletto del baco da seta; oggi quasi spariti, un tempo questi alberi erano assai diffusi, usati anche come divisori tra le proprietà. I loro frutti erano utilizzati per la produzione della marmellata di moroni, assai apprezzata dai bambini golosi.

Accanto alla produzione tessile, non va dimenticata la lavorazione dei metalli con la produzione in filigrana d’oro e argento e la lavorazione del ferro nella valle Stura molto attiva, anche grazie allo sfruttamento del ferro dell’Isola d’Elba, tanto da generare forme particolarissime di lame, come la masonina, e che poteva trovare in Ovada un buon sbocco ai mercati della pianura, nonostante fino al Regno d’Italia non sia molto avvertita la necessità di contatti, basti pensare al fatto che non esistevano strada che collegassero direttamente Ovada con Alessandria fino alla realizzazione di quella che attualmente la collega, tramite Rocca Grimalda, al centro di Predosa e, da questi, d Alessandria.

Altra lavorazione diffusa era quella del vetro, prodotto con sabbie di origine fluviale, testimoniata dalle tante casine “veriera” o “veriere”.

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Carta di Ovada

Atlante Massarotti

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Ovada oggi

Le foto della Loggia di San Sebastiano sono state scattate da Elisa Ferrari, allieva del Corso di Accoglienza Turistica della Fondazione Casa di Carità Arti e Mestieri di Ovada.
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